Articolo pubblicato sul numero monografico di Babele dedicato al Covid-19
Ciò che il mondo intero sta vivendo appare come una tragica e tristissima nemesi di un atteggiamento psicologico collettivo arrogante che ha perso il senso e la saggezza della misura, quella virtù della medietà che ritroviamo nell’Etica di Aristotele. Ricordo un bellissimo testo di Luigi Zoja del 1993, Crescita e Colpa, in cui si rintracciava nel concetto di hybris la nostra colpa collettiva di avere perso per strada il contatto con le nostre radici animali, emotive, corporee più profonde, a favore di un forsennato e unilaterale sviluppo intellettuale, razionale e tecnico che ci rende ciechi e vulnerabili davanti alla natura, che noi stessi siamo, e che, per compensazione, torna a farsi sentire violentemente. Si tratta di un tema mitico, quindi, archetipico che riguarda l’orgoglio punito o l’arroganza punita, così come la intendeva la grecità classica e cioè quando l’uomo si inorgoglisce a dismisura e offende in questo modo gli dei che, sollecitati nella loro invidia, puniscono questa hybris attraverso la nemesi. Un tema, nel nostro caso, che si intreccia con quello del cambiamento climatico, poiché sia per il virus sia per il clima, l’opera sconsiderata e cieca dello sfruttamento e invasione di nicchie ecologiche che andavano preservate, un’opera priva di responsabilità verso le conseguenze delle azioni, ha prodotto un effetto «punitivo» terribile, secondo uno schema psichico collettivo e archetipico, il binario lungo il quale si è incanalato questo enorme evento mondiale.
Poi, sincronicamente, mi colpisce come i bambini siano risparmiati, come se il piano simbolico e affettivo, ancora non scisso, come avviene spesso nello sviluppo unilaterale e disarmonico degli adulti, sia collegato, senza un nesso di causa, con il piano corporeo e organico in modo tale che, nonostante un sistema immunitario ancora immaturo, questa 39 infezione sembra lieve per loro.
Mi colpisce come i bambini siano risparmiati, come se il piano simbolico e affettivo, ancora non scisso, sia collegato, senza un nesso di causa, con il piano corporeo e organico
Rispetto agli adolescenti, mi viene in mente il fenomeno degli Hikikomori sempre più diffuso tra i giovani. Alcuni aspetti psicologici legati alla loro autoreclusione sono ora, forzatamente, di tutti; una condizione, se estrema un disturbo, a cui, tuttavia, si potrebbe anche attribuire un significato creativo e di cura dell’anima. Riprendendo l’immagine della nemesi, mi pare che all’interno dell’evento traumatico ci sia la possibilità, in questa lunga sosta forzata, di recuperare un ascolto del proprio mondo interiore, di ciò che veramente sentiamo, un dentro solitamente spazzato via dalla letteralità della frenetica vita quotidiana. Se ciò che viene recluso è la maschera, la temporanea distanza dal mondo potrebbe rendere possibile l’incontro con se stessi e rappresentare una possibilità individuativa.